Menu principale:
ADHD Il bambino terribile.
Introduzione
Categorizzare una persona, soprattutto se questa persona è un bambino, è la premessa per una sua potenziale futura collocazione in un particolare contesto sociale.
Al di la di un effetto Pigmalione o Rosenthal dir si voglia, è noto a tutti l'adagio “non vi è mai una seconda occasione per fare una prima buona impressione”.
Chi, per motivi professionali e/o sociali, ha la facoltà o la possibiltà di categorizzare in modo più o meno ufficiale un individuo in un determinato modo tenderà sempre ad osservarlo e a mettere altri in condizione di valutarlo, guardandolo attraverso un filtro di riferimento che porterà a confermare, più che a falsificare le ipotesi iniziali. Se ad esempio un insegnate crede, o gli vien fatto credere da un altro soggetto considerato di fiducia, che un bambino sia caratterizzato dal punto di vista cognitivo di particolari deficit o dal punto di vista caratteriale come particolarmente irrequieto tratterà inconsciamente il bambino in modo da veder confermate gli pseudo dati di partenza.
Speso e in buona fede, si assiste a veri propri passaggi di consegne tra insegnanti della scuola dell'infanzia e insegnanti scuola primaria stessa cosa dicasi tra insegnanti della primaria con quelli della secondaria. Questi momenti di incontro dovrebbero permettere ai docenti di acquisire informazioni utili, se non a volte veramente necessarie, per un migliore approccio nei confronti di nuovi e sconosciuti studenti, questo con lo scopo primario di massimizzare il lavoro che si andrà a svolgere in ambito scolastico, spesso però questo scambio informativo risulta essere il modo più efficace per mantenere il soggetto in una particolare categoria, riducendo sempre più le possibilità alla persona inserita in uno specifico contenitore sociale di percepirsi e di percepire il proprio futuro diversamente da quanto gli è stato prospettato.
Dall'altra parte il bambino, ma alla stessa stregua può trattarsi anche di un adulto categorizzato, sarà indotto ad interiorizzare lo specifico giudizio a lui assegnato tendendo, anch'esso in modo inconscio, ad assumere un comportamento in linea con le aspettative del categorizzatore, andando di conseguenza a rinforzare sempre più la sua posizione in quello specifico contenitore sociale nel quale è stato messo.
Ora, questo circolo vizioso, può risultare quanto mai di effetto positivo quando il soggetto viene inizialmente descritto con aggettivi che tenderanno ad enfatizzare caratteristiche ritenute, nell'ambiente sociale vissuto, come accettate ed accettabili il problema sussiste quando la persona inizia ad essere inserita in bolle sociali che indicano il possesso di caratteristiche negative.
Lo stesso effetto pigmalione, tendente a portare il soggetto a divenire ciò che il mondo aveva pensato di lui e per lui sarà, il propulsore in grado di facilitare al successo nel primo caso quanto uno strumento potenzialmente deleterio nel secondo.
Tra le varie categorizzazioni le più importanti sono ovviamente quelle che vengono certificate dall'onnipotente servizio sanitario. Questo indispensabile strumento di benessere sociale è in grado di costruire celle di riferimento che persevereranno incorruttibili negli anni a venire della persona da esso catalogata, seguendola ovunque essa vada.
Il Dislessico o il semplicemente certificato “proprietario” di un Disturbo Specifico di Apprendimento (per lo slang odierno ADHD), sarà un soggetto con oggettive difficoltà ad evidenziare le proprie potenzialità anche cognitive, in quanto analizzato con davanti l'onnipresente filtro della in-competenza.
Il disturbo più inquietante che andiamo ad analizzare di seguito è quello che porta la terrificante sigla ADHD, il terrore di ogni genitore e/o educatore di qualsiasi genere (scolastico, sportivo, sociale, ecc.)
Premessa
Secondo il DSM IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) ovvero il libro sacro di tutti coloro che lavorano nell'ambito del disagio della psiche, il "Disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività, per gli amici ADHD, è un disordine dello sviluppo neuropsichico del bambino e dell’adolescente, caratterizzato, da inattenzione, impulsività e iperattività.
Nello specifico, il DSM IV distingue tre forme cliniche:
Nel corso dello sviluppo, lo stesso soggetto può evolvere da una categoria all’altra manifestando nelle varie fasi d’età le tre differenti dimensioni psicopatologiche in modo variabile.
Penso che sia per tutti "chiaro "che in questa sede non si parla di bambini e ragazzi semplicemente "vivaci" o "notevolmente vivaci", stiamo ovviamente parlando di soggetti presentati un disagio grave nell'ambito del controllo e della capacità di direzionare e mantenere la propria attenzione nell'attività praticata, in sostanza parliamo di soggetti che presentano un'assoluta incapacità di focalizzare e mantenere la propria mente sul bersaglio per tempi sufficientemente lunghi da permettere il suo raggiungimento, a cui si aggiunge un'assoluta impossibilità di "pre-vedere" la possibile consequenzialità e potenziali conseguenze di eventi da loro attivati con le loro azioni.
Sono questi bambini e ragazzi che, al di la di potenziali difficoltà negli apprendimenti in ambito scolastico o nel raggiungimento di un qualsiasi obbiettivo personale degno di nota, possono risultare potenzialmente pericolosi per la propria ed altrui incolumità.
È comprensibile, quanto un disagio di questo tipo, possa generare a cascata stati di vera e propria ansia in tutto quel mondo che, in modo diretto o indiretto, satellita attorno alla vita del soggetto:
I genitori di questi piccoli terremoti oltretutto devono affrontare un problema aggiuntivo ovvero, l'isolamento sociale da parte del gruppo dei pari, diretta conseguenza dell'incapacità fisiologica di gestire il figlio in situazioni aggregative.
La cosa che più preoccupa, almeno leggendo alcuni degli ultimi dati provenienti da quei paesi ove il problema viene seguito con più attenzione, Stati Uniti in testa, è che questa forma di disagio sembra essere in costante aumento. Negli USA si registra, un incremento dei casi pari al 30% in un decennio. Da alcune ricerche fatte si è rilevato che, mentre nel 1998 i bambini americani certificati come iperattivi (ADHD), erano poco meno del 7%, nel 2008 la percentuale è salita al 9%.
I ricercatori non hanno o non danno spiegazioni sul motivo di tale crescita esplosiva.
La prima ipotesi, in merito a questo preoccupante aumento, è che i dati potrebbero risentire della maggior capacità, da parte degli enti sanitari preposti, di fare una simile diagnosi a valle di controlli eseguiti attenendosi scrupolosamente alle procedure in vigore, più che da un reale incremento del numero di persone soggette al disturbo oppure, e questo è un mio sospetto, ad una più bassa soglia di tolleranza dell'ambiente sociale che ruota attorno a questi bambini.
La successiva conseguenza di questo dato consiste nel fatto che, considerando questa forma di disagio un problema da risolvere, se non una patologia da curare (l'utilizzo del termine dipende dalla professione dell'esperto interpellato per entrare in aiuto al soggetto), vi è la ricerca di una tipologia adeguata di stimoli di aiuto o di farmaci, la soluzione utilizzata dipende sempre dalla professione dell'esperto interpellato per tentare di risolvere il problema del ragazzo/a.
Ora, giudico la categorizzazione di una persona troppo importante per limitarne la visione ad un giudizio/diagnosi emessa solamente da una equipe di seppur bravi professionisti del settore sanitario.
A mio avviso l'argomento merita una discussione ben più approfondita ed articolata che tenga conto di tanti diversi parametri argomentativi presi da diversi angoli di visione del problema.
Il bambino o ragazzo come tutti gli esseri umani di questo pianeta è un essere sociale che nasce e vive in determinati tempi e luoghi, è immerso in policromatici ambienti aggregativi formati da una miriade di altre persone, ogn'una con una propria particolare storia, personalità e cultura, il tutto in un mondo in continua evoluzione.
La vita di noi tutti e dei bambini in particolare, si è notevolmente trasformata negli ultimi decenni, soprattutto in quei paesi che hanno visto una veloce evoluzione del loro sistema tecnico, industriale ed economico. Evoluzione che ha indotto nelle popolazioni un'accelerazione dei ritmi di vita, di assimilazione e metabolizzazione delle nuove scoperte tecnico scientifiche e che, al contempo, ha limitato soprattutto ai più piccoli lo spazio tempo di conoscenza di se e del sé (non fate la lotta che vi fate “male”, non sudare che prendi del “male”, non correre che cadi e ti fai “male”).
Stiamo parlando degli abitanti dei cosiddetti paesi ricchi e oppulenti, appartenenti alla fascia occidentale di quella sfera chiamata Terra.
Parliamo di persone che vivono e al contempo mal sopportano la freneticità del loro steso sistema di vita.
Di seguito analizzeremo in modo approfondito i singoli soggetti protagonisti di questa particolare disamina:
1) - l'ambiente sociale di riferimento
2) - il bambino, ovvero il carnefice ma al contempo la vittima di questa situazione.
3) - la famiglia primaria, ovvero coloro che subiscono, ma al contempo rinforzano l'atteggiamento comportamentale del bambino.
4) - la famiglia allargata che, quando presente nella vita del bambino, tende ad amplificare o ridurre le componenti ansiogene a causa di imposizione di diverse regole o di diverse interpretazioni delle stesse.
5) - le figure educative che ruotano attorno al bambino, anch'esse portatrici di regole
1) - L'ambiente fisico e sociale di riferimento.
In questo momento mi sovviene il ricordo di un'immagine postata da alcune persone su un social network, sull'immagine sono ritratti alcuni ragazzini, presumibilmente appartenenti ad un anonimo villaggio africano che seminudi sono rivolti verso una sconfinata pianura. Sopra la testa di uno dei ragazzini un fumetto contiene la seguente frase:
“I bambini in America devono stare 8 ore seduti in classe, li drogano se si muovono troppo o se fanno rumore ed il loro divertimento principale è la televisione”
In risposta sopra la testa di un secondo ragazzino è posta una nuvoletta con la seguente frase:
“Ma è orribile dovremmo fare qualcosa per aiutarli”.
Ora, cosa ci comunicano queste due frasi?
Principalmente che i bambini sono bambini. Che il loro compito è di scoprire il mondo esplorandolo fisicamente e che, per fare questo, hanno la necessità primaria di scoprire se stessi … soprattutto in modo fisico.
In pochi decenni l'evoluzione tecnica e lo spostamento di grandi masse, hanno comportato una rapida evoluzione sociale e culturale (che a volte, in alcune situazioni valuto più come involuzione).
Sempre più spesso i nostri bambini esplorano il mondo in modo statico, da una comoda poltrona posizionata di fronte ad uno schermo che, senza soluzione di continuità, vomita loro addosso una cacofonia di suoni, immagini e colori, difficilmente vivibili ed interiorizzabili.
Dov'è finita la naturale scoperta del proprio corpo prestazionale, quel corpo che permetteva di esplorare, vivere e modificare il mondo circostante al ragazzo? Dove è finito il gioco inventato e costruito?
Che fine ha fatto la trasformazione immaginifica della realtà, atto fantastico che permetteva al fanciullo di plasmare la poca materia prima a disposizione per la creazione del nuovo?
Un bastone una molletta un elastico erano il fucile del bambino di ieri, una poltiglia di fango era una torta nelle mani della bambina di ieri. Una lattina vuota tre amici e una strada deserta erano una partita di calcio, un po di stoffa e un po di creta erano una bambola.
Immagini che richiamano tempi antichi? … NO, non sono passati che pochi decenni
La stragrande maggioranza dei genitori ed educatori di oggi possiede un passato ove il gioco era momento di scoperta di se, del sé, del mondo circostante e del rapporto di adattamento che vi era tra se, il sé e il mondo.
Sino a pochi lustri fa l'orario scolastico, in quella che era chiamata in modo meno tecnico ma più espressivo, scuola elementare, terminava alle 12,30. La televisione iniziava le sue trasmissioni con la TV dei ragazzi alle 17,30 o giù di li. Pochi i giocattoli a disposizione. Pochi e non sempre accessibili a tutte le tasche.
Il giocattolo, sempre nuovo e disponibile, si chiamava fantasia (software del game) la parte fisica di quel giocattolo, ovvero la parte che permetteva l'applicazione dei sempre nuovi giochi era il proprio corpo e le sviluppate capacità manipolatorie (hardware del game).
Il bambino sperimentava continuamente i propri limiti scoprendo, spesso sulla propria pelle, quando e di quanto questi limiti erano stati oltrepassati.
Le sbucciature erano all'ordine del giorno. Piccoli trofei da esibire come prova della propria scoperta.
A memoria non ricordo classi stile college inglese da film, con bambini soprammobile e insegnanti che, con tranquillità, trascorrevano quattro ore a trasmettere informazioni. Ricordo bambini calmi e bambini VIVACI, ma soprattutto ricordo adeguati tempi ri-creativi.
Oggi il bambino, fin dalla culla, vive ritmi che oserei dire osceni.
Le pappe ed i riposini scandite da tempistiche appartenenti ad una madre che spesso, anche se in congedo per maternità , ha interiorizzato tempi e ritmi innaturali.
Il bambino cresce apprendendo velocemente che “non c'è tempo da perdere”, rincorre tempi e ritmi di genitori senza più tempo, di insegnanti che devono alle prese con un programma didattico da esaurire come da regolamento, di tecnici sportivi che rincorrono un risultato.
Il leitmotiv che accompagnerà la vita del fanciullo sarà “presto che è tardi”.
Si inizia il mattino di buon ora nella veloce preparazione per la consegna del fardello alla scuola prima del lavoro.
Un veloce distacco, spesso insufficiente a mantenere sotto controllo gli stati d'ansia e, rapidamente, ci si adegua ai ritmi scolastici, dove i tempi ludici, di apprendimento, di interiorizzazione, di socializzazione sono scanditi da adulti.
Questa forma di “addestramento” parte sempre più spesso nei primi mesi di vita con l'inserimento del bambino al nido, un addestramento che proseguirà in alcuni casi per tutta la vita (pensiamo alle strutture per anziani).
La più grande rapina fatta al bambino riguarda il furto del tempo ludico libero, quello che era per tutti il gioco di strada, nei giardini pubblici, negli oratori, nei campi, ecc. oggi spesso sostituito con l'inserimento del fanciullo in ulteriori ambienti strutturati quali le associazioni sportive, le scuole di ballo, musica o quant'altro, ulteriori ambienti gestiti da adulti per scopi appartenenti agli adulti.
Quando, per qualunque motivo non si offre al ragazzo questo tipo di esperienza non rimane come riempitivo che rivolgersi a sua maestà la televisione o al gentil consorte il videogame, strutture queste sempre generate da adulti per scopi adulti architettate in modo da permettere il veloce adattamento ed assuefazione del fanciullo.
Torniamo ora alla frase iniziale utilizzata come spunto di riflessione, “I bambini in America devono stare 8 ore seduti in classe, li drogano se si muovono troppo o se fanno rumore ed il loro divertimento principale è la televisione” e facciamoci ulteriori domande riflessive:
a) solo in America i bambini vivono questa situazione?
b) Dov'è finito il bambino vivace, curioso e creativo, con apprendimento prevalentemente cinestesico?
c) Che tempo e che spazzi dedichiamo ai nostri bambini onde permettere a loro di sperimentare il naturale vissuto psichico, emotivo e FISICO?
d) qual'è il limite che divide la naturale vivacità dallo stato patologico?
Poche e semplici domande a cui possiamo dare semplici e rapide risposte:
a) anche l'Europa si è Americanizzata. Anche nel vecchio continente con frequenza sempre più preoccupante si assiste all'offerta di sostanze psicotrope a bambini e ragazzi per “entrare in aiuto al raggiungimento della propria capacità di autogestione”
b) Il bambino VIVACE non esiste più, esiste quello BUONO, BRAVO e UBIDIENTE, ovvero il soggetto gestibile e non generante problemi e l'ADHD, ovvero il bambino patologico, il bambino con sindrome.
c) Sempre meno è lo spazio tempo lasciato alla naturale ludicità del bambino. Primo per mancanza effettiva di spazzi fisici ove poter sperimentare in libertà e relativa sicurezza, secondo per carenza di tempi disponibili da parte di famiglie semi robotizzate.
d) Il limite tra il VIVACE e il Patologico si trova nelle capacità gestionali delle figure di riferimento (genitori, Insegnanti, ecc.)
A seguito riporto un estratto di alcune conclusioni tratte da una discussione sull'utilizzo di sostanze psicotrope sui bambini con disturbi del comportamento, conclusioni che mi sento di definire preoccupanti per motivi che a seguito accennerò
“I farmaci psicotropi possono rappresentare un aiuto efficace nel trattamento dei disturbi psichici dell'infanzia e dell'adolescenza, purtroppo però i dati relativi alla popolazione pediatrica sono ancora scarsi.
Un valido aiuto nel fornire informazioni più sistematiche sull'utilizzo di farmaci psicotropi nei bambini potrebbe essere rappresentato da due tipi di studi.
In primo luogo studi epidemiologici per documentare, nei giovani pazienti, i diversi tipi di trattamento, la diagnosi, la severità della patologia, la durata della cura e la valutazione degli outcomes clinici (ad esempio il controllo dei sintomi e la presenza di eventi avversi).
In secondo luogo trials clinici randomizzati e controllati per valutare i dosaggi, l'efficacia e la sicurezza di quei prodotti il cui utilizzo risulta essere off-label ma che sono diffusamente impiegati nella corrente pratica clinica.
Per quei disordini che si manifestano molto raramente o per quelle combinazioni discutibili di trattamenti farmacologici per le quali non si conoscono i rischi, un registro potrebbe rappresentare un approccio molto utile.
In generale i medicinali di questa categoria terapeutica, proprio per i loro effetti sul sistema nervoso centrale, devono essere strettamente monitorati, in particolar modo quando i piccoli pazienti iniziano o riprendono un trattamento o quando vengono variati i dosaggi.”
Ora, convengo che “in caso di comprovata necessità” i farmaci psicotropi (come TUTTI i farmaci ) possono rappresentare un aiuto efficace ma … CHI e con quale leggerezza me ne consiglia la somministrazione affermandone l'assoluta necessità per aiutare il mio BAMBINO a meglio gestire la propria “eccessiva” vivacità?
Inquietante è altresì la frase “In secondo luogo trials clinici randomizzati e controllati per valutare i dosaggi, l'efficacia e la sicurezza di quei prodotti il cui utilizzo risulta essere off-label ma che sono diffusamente impiegati nella corrente pratica clinica. Per quei disordini che si manifestano molto raramente o per quelle combinazioni discutibili di trattamenti farmacologici per le quali non si conoscono i rischi, un registro potrebbe rappresentare un approccio molto utile”
Per avere una quantità di dati esaustiva a quanti e per quanto tempo dovremmo fornire tali farmaci?
Ovviamente dovremmo avere una cospicua popolazione di bambini divisa in tre macro gruppi: Il gruppo di controllo, ovvero quello a cui non vengono somministrati farmaci, il gruppo a cui viene somministrato l'effetto placebo, ed il gruppo a cui viene somministrato il farmaco vero e proprio, il tutto ovviamente suddiviso in fasce onde valutarne l'efficacia e gli “effetti collaterali” alle diverse posologie.
E se poi, come oggi sta succedendo negli Stati Uniti, le statistiche ci mostrano come anni di somministrazione di particolari farmaci mettano in evidenza come un'alta percentuale di soggetti accusano nel tempo problematiche più o meno gravi, spesso peggiori “dell'evento patologico” trattato (alta percentuale di suicidi, di uso e abuso di stupefacenti, di soggetti borderline)? Cosa facciamo li formattiamo e tentiamo una nuova cura?
Comunque convengo che è meno faticoso fornire uno psicofarmaco rispetto al progettare e condurre un intervento educativo in grado di coinvolgere bambino, famiglia e sistema educativo.
Molto più facile la somministrazione del psicofarmaco.
2) - Il Bambino
Il bambino di oggi “è” il bambino di ieri, ovvero un soggetto in evoluzione con i “suoi” tempi di maturazione, con la “sua” necessità di libertà esplorativa, con i “suoi necessari” spazzi temporali di espressione ludica, ecc., ecc.
Ora, sembra che sia statisticamente provato che, i cosiddetti soggetti ADHD, tra i ragazzi che vivono nella giungla amazzonica, o tra gli inuit, o nelle bidonville brasiliane, tra le tribù africane o semplicemente in tutte quelle località ove esiste una adeguata proporzionalità tra tempo di inattività fisica (ex studio) e tempo di gioco ludico.
Forse che in quei luoghi non esistono soggetti a basso controllo? Non credo.
Credo però che, ove il controllo di tipo strutturato e coercitivo è meno serrato, ove esiste maggiore libertà di espressione anche fisica, il problema risulti meno evidente, più sopportabile, meglio gestibile.
Il bambino, come tutti i cuccioli, necessità di esprimere un proprio modo di evolversi, facendo le proprie esperienze, lavorando per prove ed errori. Necessita di cadere per comprendere come rialzarsi.
Come sono cambiati i sistemi sociali in pochissime generazioni?
Teniamo conto che i nostri bambini vengono cresciuti da adulti che hanno sperimentato maggiori gradi di libertà rispetto a quelli apprezzabili dai nostri fanciulli, si sono lentamente adeguati a ritmi di vita diversi, molto più frenetici, con minori spazzi temporali dedicati o dedicabili alla persona, tempi che hanno ridotto anche i livelli di sopportazione delle persone.
I nostri bambini vivono sistemi rigidamente strutturati circondati da muri d’ansia che li costringono prigionieri in angusti spazzi altrettanto rigidamente regolamentati.
Se dovessi fare una trasposizione personale troverei veramente difficile confrontare il mio sistema di vita in età infantile con quello dei bambini di oggi.
Nei primi anni 60 la televisione si presenta con due soli canali. La RAI inizia le trasmissioni a partire dal tardo pomeriggio, un paio d’ore scarse di “TV dei ragazzi” seguono programmi per un pubblico adulto. A letto dopo “Carosello” (20,45 circa) e nel caso che si guardasse un film raramente terminava oltre le 22.30, considerato orario estremamente notturno.
Pochi giochi già pronti all’uso erano a nostra disposizione, un po' per motivi economici, un po' per oggettiva carenza di varietà.
Il giocattolo più importante di un bambino, fino ad un quarto di secolo fa, era la fantasia. Con la fantasia si creava, si costruiva, si bruciavano energie fisiche e mentali. Con la fantasia si costruiva il proprio domani sperimentando continuamente le proprie capacità.
I ritmi erano cadenzati, lenti ... costanti. La scuola fino a poco dopo l’orario di pranzo (mezzogiorno), nessun tempo prolungato, i compiti (difficile anche in quei tempi tenere un bambino seduto in cucina con la testa su sussidiari e quaderni, il lavoro è pesante in tutti i tempi e a tutte le età), si prosegue col gioco sino ad ora di cena, una cena consumata spesso con tutta la famiglia attorno al tavolo, ad orari ad oggi spesso impensabili (generalmente verso le 19 circa un po' per tutti). La routine settimanale comprendeva il pomeriggio dedicato al catechismo, qualche fortunato (fortunato?), era inserito in qualche ambiente sportivo, quasi sempre calcistico. Per le femminucce poche offerte. In quei tempi maggiori gradi di libertà erano lasciati ai bambini che giocavano liberamente nelle strade, nei campetti dell’oratorio, nei giardini pubblici o nelle piazze, luoghi nei quali si recava da solo e dai quali rientrava, sempre da solo, prima che facesse buio (non c’era il cellulare). Una generalizzata bassa esposizione ai sistemi comunicativi (TV) faceva si che le persone fossero generalmente meno in ansia. Nessuna, o per lo meno alquanto limitata paura dell’orco, del pedofilo, dell’incidente stradale, ecc. Con questo non voglio dire che non esistessero questi pericoli, solamente erano molto meno sentiti e assillanti.
Un bambino che viveva il suo ruolo di bambino. Un bambino che alla soglia dell’adolescenza giocava ancora agli indiani o con le bambole. Un bambino con tutto il tempo per metabolizzare le proprie scoperte.
Visione romantica …. forse … ma, pensate un attimo alla vostra giovinezza (se avete almeno più di trent’anni) e valutate la differenza di ritmi e stimoli da quelli a voi forniti dal sistema sociale da voi vissuto e quelli forniti ai vostri bambini oggi.
Facciamo una panoramica sulla giornata tipo di un nostro bambino. La sveglia alla mattina deve tener conto dei tempi per vestizione di tutta la famiglia, colazione, trasporto a scuola … il tutto entro la timbratura del cartellino di lavoro dei genitori, quindi per il bambino vi è la necessità di adeguarsi velocemente a tempi e regole genitoriali, ritmi che non tengono minimamente conto dei necessari tempi richiesti al bambino per un non traumatico distacco. Segue l’ambiente scolastico che, ai nostri giorni, occupa spesso la maggior parte delle giornate della settimana, sabato compreso. l’ambiente scolastico con le sue materie richiede un veloce adattamento del bambino alle relative figure di riferimento, spesso non meno di due otre.
A scuola non si portano i propri giocattoli, non si corre, non si gioca alla lotta, non si urla, non si schiamazza, non ci si sporca, non si parla con i compagni durante le lezioni (ma quante ore di lezione fanno?), non si …, non si …,
Terminato l’orario scolastico velocemente a casa perché ci sono i compiti da fare e … fino a quando non sono terminati, non si gioca, non si..., non si …
Terminati i compiti è finalmente possibile giocare ma fuori da soli no, l’universo è pieno di pericoli, quindi in casa con giochi già pronti all’uso, davanti alla televisione o ad un videogioco, ovvero giochi con regole non modificabili, dove il bambino evidenzia la sua bravura quando è rapido ad adattarsi alle regole imposte dal gioco. Ovviamente, visto che siamo in casa non si gioca alla lotta, non si corre, non si urla, non si schiamazza, non ci si sporca, non si .., non si ..
Ma l’eccessiva sedentarietà nuoce alla salute, lo sanno tutti. Il pediatra insiste per far si che il bambino faccia attività motoria perché è in sovrappeso, per motivi di scogliosi, perché si evidenzia quanto mai scoordinato (forse troppi videogame?), gli insegnanti insistono affinché il bambino faccia attività sportiva “così si scarica”, ed allora ... lo iscriviamo in palestra dove si divertirà tantissimo …. si divertirà a seguire le regole e le sollecitazioni dell’allenatore, della maestra di ballo, dei genitori che lo vedono già in nazionale o ballerina alla scala, ops scusate volevo dire velina, sognare di essere ballerina alla scala oggi è demodè.
A proposito durante l’allenamento non si portano i propri giocattoli, non si corre, non si gioca alla lotta, non si urla, non si schiamazza, non ci si sporca, non si parla con i compagni durante le lezioni (ma quante ore di lezione fanno?), non si …, non si ….
Oltre alle materie scolastiche è utile per il nostro fanciullo frequentare corsi che lo “stimoli” dal punto di vista cognitivo, dal punto di vista artistico, ecc., quindi vogliamo fargli mancare un corso di computer (alle elementari), un corso di musica, un corso aggiuntivo di lingue, un’esperienza teatrale, il corso di nuoto è cosa quasi d’obbligo, a dimenticavo nella nostra cultura cattolica il corso di catechismo è d’obbligo.
Ricordiamoci sempre che durante i corsi non si portano i propri giocattoli, non si corre, non si gioca alla lotta, non si urla, non si schiamazza, non ci si sporca, non si parla con i compagni durante le lezioni (ma quante ore di lezione fanno?), non si …, non si …,
Velocemente a casa perché è ora di cena (ore 20,30-21) e se si vive in appartamento, non si corre, non si gioca alla lotta, non si urla, non si schiamazza, non ci si sporca, non si …, non si …,
Ci sono sempre più bambini a cui viene diagnosticato un Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD), o disagi vari dell'autocontrollo, ma nessuno sembra rendersi conto che possono cambiare i tempi, possono cambiare i ritmi, possono cambiare le esigenze, ma non cambiano i bambini e le loro esigenze.
I bambini rimangono quei soggetti estremamente fragili che necessitano si di stimoli ricchi e vari, ma al contempo, anche e soprattutto di tempi e spazzi a loro adeguati in modo che possano metabolizzare e far proprie le esperienze fatte.
Come mai, noi adulti, ci adeguiamo istintivamente alle esigenze di soggetti diversamente abili, spesso in modo eccessivo, al punto da non permettere a loro di sviluppare un maggior quantitativo di competenze, e non ci adeguiamo ad un soggetto potenzialmente abile ... in futuro … e pretendiamo tutti che esso si adegui a noi.
Facendo una valutazione che tenga conto delle vere esigenze del fanciullo, chi sa dire quali e quanti siano i bambini realmente affetti da un patologico disturbo di attenzione e chi invece, col proprio comportamento, denuncia una mancanza di attenzione nei confronti di sacrosante esigenze.
(continua)